venerdì 14 ottobre 2011

SCACCHI: LO SPORT DELLA MENTE

Otto righe per otto colonne, 64 caselle, 16 pezzi neri e 16 pezzi bianchi. Tutti per un unico scopo: difendere il proprio Re.


Raccontare la storia degli scacchi in poco spazio non è un’impresa facile.
Sembra che l’origine di questo gioco antichissimo e ancora oggi molto praticato, debba essere fatta risalire al VI secolo in India. Esisteva allora il chaturanga, un gioco dal quale si sono poi sviluppate le diverse varianti nelle regioni asiatiche e occidentali. In Europa gli scacchi arrivarono nel medioevo, attraverso la cultura araba nella quale era diffuso. Il suo nome deriva dal termine persiano “Shah”, che vuol dire “re”, dal nome della pezzo più importante del gioco. 
Lo scopo degli scacchi consiste nel dare “scacco matto” all’avversario (dal persiano “Shah Màt”, che significa “il re è morto”), ovvero mettere il re dell’avversario in una condizione di minaccia dalla quale non ha la possibilità di sottrarsi.
Esiste però anche una versione più romantica, che narra la nascita del gioco attraverso una leggenda. 
Questa racconta la tristezza di un re che vinse una battaglia per difendere il suo regno, pagando però questa vittoria con la morte di suo figlio. Il re non si dava pace, e ogni giorno rivedeva lo schema della battaglia, cercando invano una soluzione che non avrebbe sacrificato la vita di suo figlio. Nessuno riusciva a consolarlo; un giorno giunse al suo palazzo un brahmino che si chiamava Lahur Sessa, che per rallegrare il re gli insegnò un gioco che aveva inventato: si trattava proprio del gioco degli scacchi. Da quel giorno il re capì che non era possibile vincere una battaglia senza sacrificare un pezzo, e finalmente ritrovò la serenità.
Ma la storia non finisce qui. Quando infatti il re chiese al monaco cosa volesse per ricompensa, egli rispose che si sarebbe accontentato di un chicco di grano per la prima casella della scacchiera, due per la seconda, quattro per la terza, otto per la quarta e così via. Il re rimase stupito di questa umile richiesta, credendo che sarebbero bastati solo pochi chicchi di grano. Ma il giorno dopo i matematici del re, fatti i dovuti calcoli, diedero il loro responso: per accontentare il monaco non sarebbero bastati i raccolti di tutto il regno per ottocento anni.
In Europa il gioco degli scacchi ebbe da subito molto successo, soprattutto nella cultura cavalleresca, mentre fu messo al bando dalla Chiesa, che lo riteneva “disonesto e libidinoso”.
L’Italia ebbe una parte importante anche nella storia degli scacchi: sembra infatti che proprio nel nostro Paese vennero fissate definitivamente le regole moderne del gioco.
La Fide (Federazione internazionale degli scacchi) ha calcolato che oggi nel mondo i giocatori di scacchi sono oltre un miliardo, abbastanza equamente suddivisi tra mondo occidentale e Cina.
Il gioco ebbe nel Novecento un’enorme diffusione soprattutto nei paesi dell’Europa dell’Est ed in Unione sovietica. Non a caso il titolo di “Grande Maestro”, la massima riconoscenza a livello internazionale, fu creato dallo Zar Nicola II di Russia, che nel 1914 assegnò a cinque giocatori dopo un torneo da lui fondato a San Pietroburgo.
Nonostante il passare dei secoli e l’invenzione di nuovi giochi fino a pochi anni fa del tutto inimmaginabili, il fascino degli scacchi rimane intatto nel tempo.
La simulazione di una battaglia che si svolge su 64 caselle bianco-nere esercita ancora un appeal tutto particolare. Perché gli scacchi sono un gioco di abilità pura, profondo e complesso come pochi. 
Un gioco in cui vince il più bravo, il più resistente, il più competitivo, e la fortuna non ha spazio. 
E forse il bello sta proprio lì.

Riccardo Staroccia

Quando l'uomo sfidò il computer

Dalla seconda metà degli anni Novanta, i programmi per giocare a scacchi hanno man mano aumentato la loro abilità, arrivando a sfidare anche un Gran Maestro. 
Il primo a essere sfidato fu Kasparov, campione del mondo di nazionalità russa, che nel 1996 giocò in sei partite contro il computer Deep Blue della IBM. Il computer vinse la prima partita, con grande stupore di tutto il mondo, ma Kasparov si aggiudicò la sfida con 3 vittorie e 2 patte.
Dopo di questa altre partite furono giocate, delineando una sostanziale parità tra l’uomo e il computer, con un vantaggio della macchina per quanto riguarda la resistenza “nervosa” a lungo termine.




lunedì 10 ottobre 2011

GLI SPIONI DEL FRIGO


Siamo quello che mangiamo. È questo il sottotitolo (molto azzeccato) di un sito strano e curioso, che ha lanciato una vera e propria moda nel web. Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, il frigorifero è senza dubbio lo specchio della nostra vita, delle nostre abitudini alimentari ma anche di tutto il resto.
Perchè, a partire da certi scatti, non è davvero difficile tentare di risalire al tipo di famiglia che ruota attorno all’elettrodomestico immortalato, e addirittura alla personalità di chi quel frigo l’ha riempito.
Ecco allora apparire scaffali semivuoti per il single in carriera, vasetti di yogurt a non finire per la donna attenta alla forma, frutta e verdura in quantità per i vegetariani più convinti, abbondanza di ogni ben di Dio per le famiglie più numerose.
Aprire il proprio frigorifero, fotografarlo e pubblicarlo on line equivale a fare una sorta di “outing”, è l’ammissione delle proprie manie, dei propri gusti e, quindi, la messa in mostra della propria personalità. Ed è davvero curioso navigare tra le fotografie fatte nei luoghi più lontani, dal Canada al Chile, dal Marocco alla Nuova Zelanda. In fondo è l’ennesima occasione che ci offre la Rete per esplorare ancora più a fondo gli usi di popolazioni diverse, e approfondire la cultura di altri Paesi.
E c’è ancora un elemento in più: tra fotografie, appunti, disegni e calamite singolari, i frigoriferi ormai parlano di noi anche quando sono chiusi. Naturalmente c’è anche la sezione dedicata all’Italia. Da oggi avete l’opportunità di rendere il vostro frigo famoso in tutto il mondo. Sempre che lui sia d’accordo.